Venezia o cara. Bella e decadente. Conturbante e avvilente. Perché il suo destino pare davvero segnato. L’acqua alta? Tra meno di un secolo sarà un ricordo. Non nel senso buono. Sarà la normalità di ogni giorno: più giù di piazza San Marco completamente sommersa l’acqua non andrà mai. E quando arriverà la marea vedremo semmai le torri dei campanili. Le immense navi da crociera si aggireranno, se lo faranno, inutilmente: avranno davvero poco da mostrare se non l’immane disastro. Catastrofismo? Pare di no.
A sintetizzare il monito e le stime delle maggiori organizzazioni climatiche del pianeta ci pensa proprio a Venezia un’immagine che fa tremare, dinnanzi all’imbarcadero che porta al salone nautico ospitato nell’Arsenale. Li c’è un graffito che parla da sé. Mostra il destino segnato dall’effetto clima. Lo mostra a tutti: veneziani e viandanti. Come se ci fosse ancora bisogno di discutere sull’urgenza, drammatica, di invertire la tendenza alla catastrofe con azioni ben più determinate d’efficaci di quelle che stiamo riuscendo a mettere in campo. Venezia addio? Sarà un’anteprima di tutto il resto, se è vero quel che afferma non solo quel graffito, ma tra gli altri (molti altri) l’Enea nella sua mappa prospettica continuamente aggiornata. Quella delle coste d’Italia che faranno a gara per scomparire implacabilmente.