Raddoppiare la quota di energia rinnovabile (tutta l’energia, non solo l’elettricità) da qui al 2020. Vale per quasi tutte le regioni, escluse quelle più virtuose, come il Trentino o la Val d’Aosta. Via alle politiche regionali. Ma se non funzioneranno arriverà il commissario del Governo. Lo prevede un decreto varato all’ultimo momento dal Governo uscente. Qui di seguito la versione estesa dell’articolo pubblicato il 15 novembre sul Sole 24 Ore, e le tabelle (Scarica BS-tabelle) sulla ripartizione delle quote obbligatorie tra le regioni.
La corsa italiana alle energie verdi diventa obbligatoria. Spartita micrometricamente tra le regioni. In progressione da qui al 2020, quando l’Italia dovrà rispettare quanto concordato con l’Unione Europea passando dall’8,2% del 2012 al 14,3% di copertura da produzioni rinnovabili di tutta la sua energia consumata (non solo quella elettrica ma anche quella termica e per i trasporti). Ecco ,Montirispettato almeno uno degli impegni di politica energetica ritardatari e ora lasciati in eredità al nascente esecutivo di Mario Monti.
Un piccolo anche se importante passo, che tuttavia non attenua di molto la lunga lista di inadempienze da sanare e che il Governo ha in qualche modo cercato di attutire proprio nei suoi ultimi giorni di attività. Mancano i decreti sulle rinnovabili elettriche e termiche, quasi pronti (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 novembre) ma ancora da discutere con la conferenza Stato Regioni per dare il via libera, tra l’altro, alla nuova edizione degli incentivi del 55% per l’efficienza energetica degli edifici. Manca, soprattutto, quella bozza di Piano Energetico Nazionale promessa per lo scorso settembre e destinata a dare un "canovaccio" alla politica energetica del paese.
Arrivano comunque i due decreti, attesi già prima della scorsa estate, firmati dal ministro dello Sviluppo in "zona Cesarini" tra venerdì e sabato scorso. Quello che dà il via alle nuove aste per la capacità di importazione di elettricità dalle linee transfrontaliere per il 2012 e quello, appunto, che spartisce tra le regioni (vedi tabella qui a fianco) la progressione del ricorso alle fonti rinnovabili. All’insegna degli obiettivi vincolanti, dei controlli e delle sanzioni progressive: un "richiamo" a partire dal 2014 e un vero commissariamento delle politiche energetiche previsto per le regioni inadempienti dal 2015.
Tutto ciò attraverso «un osservatorio stabile che attua una collaborativa osmosi di informazioni tra Stato e Regioni» vuole precisare il sottosegretario uscente allo Sviluppo Economico Stefano Saglia, che non poco si è adoperato per dissotterrare i promessi adempimenti di politica energetica dai veti incrociati tra ministeri e tra Governo e amministrazioni locali.
Da qui a fine decennio dovremo in ogni caso raddoppiare l’energia verde avvicinandoci al 15%. Obiettivo non semplice se consideriamo che nel calderone ci sono i trasporti (carburanti). Per farlo dovremo tra l’altro sostituire quote crescenti di gas metano (egemone nei riscaldamenti) col biogas, sviluppare la geotermia, e agire sui due "pedali" oggetto di tante promesse: gli incentivi all’efficienza energetica (perché la quota crescente di verde dovrà essere ottenuta anche limitando la crescita dei consumi complessivi) e una nuova progressione dell’eolico e del solare, specie quello termodinamico che ha grandi potenzialità. E appunto sull’analisti delle reali potenzialità inespresse dalle diverse regioni si basa la distribuzione delle quote nel decreto appena varato.
Grande clemenza verso regioni che tante potenzialità avevano ma che moltissimo hanno fatto, come il Trentino Alto Adige e la Valle d’Aosta, obbligate solo a qualche ritocco. Pesanti ma non troppo le pretese rivolte al Piemonte, alla Lombardia e al Friuli, ma anche alla Calabria, al Molise, al Lazio. Mentre saranno costrette a più che raddoppiare i risultati regioni come l’Emilia-Romagna, le Marche e la Puglia, che evidentemente possono fare molto di più.
(Scarica BS-tabelle)