E’ (o meglio, era) la promessa solenne formulata dagli ultimi tre governi. C'è (o meglio, c'era) un radioso futuro energetico per l’Italia del lavoro, delle infrastrutture, delle tecnologie e perfino della nuova geopolitica. Sarebbe bastato pilotare, facendo ricchi affari, le nuove rotte del gas metano. Da Oriente, dall’Africa e (ultima entrante tra le promesse) persino dal continente americano ora arricchito dallo shale gas. Un sogno mai materializzato. Che ora rischia di svanire definitivamente. La politica energetica, a ben guardare, non esiste. Le infrastrutture sono affidate all’oblio delle opposizioni locali, indisponibili a qualunque confronto costruttivo. Non riusciamo a costruire neanche il deposito nazionale per le nostre scorie nucleari vecchie e nuove. Ogni progetto per le centrali elettriche, e addirittura per i cavi di interconnessione, ancor prima di nascere (se nasce) fa collezione di cavilli e di giudici. Potevamo davvero credere all’Italia hub continentale del metano, pronta ad usare la sua fortunata posizione nel mappamondo per diventare un protagonista attivo dell’energia nel nuovo millennio? Non è solo il fallimento di un progetto. È l’emblema di un paese che non funziona e non vuole funzionare. Ecco perché è utile dare un’occhiata alla vicenda, che non riguarda solo l’energia. Leggete qui di seguito.
L’hub? Perdiamo tempo e arriva la Croazia
E non avremo neanche il nuovo tubo dall’Austria
Addio al metano Americano
E l’Algeria fa da supplente persino nell’elettricità
Ma cresce, per noi, il rischio energetico
Gas risks getting highter for Italy