Oggi indecisi e ritardatari, domani (c’è da giurarci) pentiti di non averci pensato per tempo, e pronti a recuperare velocemente. Anche troppo. Sull’auto elettrica l’Italia rischia così la “sindrome del pannello fotovoltaico”: incapaci di creare per tempo un quadro normativo coerente, e soprattutto una buona filiera industriale, dovremo correre ad acquistare tecnologie e apparati altrui. Con l’energia solare, ma anche per le pale eoliche, è accaduto così. Complice la concorrenza, non sempre fedele alle regole, delle imprese cinesi abilissime a vendere a prezzi ribassati merce di qualità troppo spesso discutibile.
Per l’auto elettrica possiamo, e dobbiamo, fare di meglio. Le competenze tecnologiche ci sono tutte. L’industria automobilistica nazionale mostra ci crederci poco, forse proprio perché poco confida nella capacità delle istituzioni di ben costruire e calibrare il gioco degli incentivi, delle norme, dei programmi infrastrutturali. C’è un libro bianco sull’auto elettrica che traccia uno scenario inquietante per le nostre istituzioni, incoraggiante per le capacità che l’Italia sarebbe in grado esibire. Chi l’avrà vinta?
Intanto date un’occhiata qui. E qui. E anche qui.
Sono d’accordo. Ma il vero problema è che “l’industria automobilistica nazionale” non esiste più. Al di la del fatto che FCA non è più italiana, in Italia si producono un quarto delle auto prodotte in Germania. Quindi, investire con forza nell’auto elettrica è necessario, ma è ancora più necessario far si che gli investimenti pubblici per incentivare l’auto elettrica portino nuova occupazione e redditi in Italia, e che i soldi degli italiani non vadano ad arricchire solo l’industria estera. Il rischio è ben più alto del fotovoltaico, dove la filiera degli installatori e dell’indotto è comunque rimasta in Italia………