Il genio italiano al servizio, non gradito, della stupidità e dell’inettitudine italiana. È un paradosso non nuovo quello che si consuma tra il nostro paese e la Danimarca. Protagonisti: l’ambiente, la gestione dei rifiuti, lo sport, l’intelligenza (la loro) nella soluzione dei problemi, l’ottusità (la nostra) nel rifiuto a utilizzare al meglio quelli che sono i nostri primati nell’inventiva ma anche nella tecnologia. È stato appena inaugurato a Copenhagen, proprio all’interno dell’area della città, il prodotto di un’idea geniale. Nasce da un termovalorizzatore che brucia rifiuti emettendo una frazione delle emissioni inquinanti di quelle che gli stessi rifiuti producono qui da noi quando li lasciamo marcire per poi trasportarli in una discarica dove continuano allegramente ad emettere metano e inquinanti invece di trasformarsi in energia che a sua volta abbatte il ricorso a gas e petrolio che usiamo per produrla in maniera tradizionale. E fin qui il genio c’entra poco, anche se basterebbe questo per assegnarci una prima doverosa mortificazione.
Siamo (saremmo) tra i migliori al mondo nella realizzazione di strutture di questo genere, che però non vogliamo perché la gente cavalca la demagogia politica del no a infrastrutture di questo tipo. Il genio sta semmai nell’idea di aver costruito il termovalorizzatore con la forma di una collina sulla quale è ben piazzato un campo da sci di erba sintetica lungo quasi cinquecento metri: quattro tracciati di diversa difficoltà in funzione tutto l’anno con la neve o senza, impianti di risalita, un ristorante, un’area fitness, un sentiero per le passeggiate, il noleggio di sci e scarponi e chissà quante altre iniziative che verranno.
Copenhagen è piatta: di certo non si poteva sciare, nonostante la coltre bianca invernale. Copenhagen è curiosa e aperta: i suoi cittadini sono ben felici di fare la fila per sciare in città. Copenhagen è l’emblema di una nazione pragmatica, non ideologica, poco disposta a farsi abbindolare dai giochi speculativi e dalle falsità della politica del no. Copenaghen si sta invece attrezzando per diventare entro il 2025 la prima città ad emissioni zero e non ci vede nulla di incoerente in un termovalorizzatore, di quelli che mai e poi mai gli italiani (o meglio, gran parte di essi) vogliono vicino a casa perché danno retta a finti ecologisti e imbroglioni della politica. Tant’è che la centrale che costituisce il cuore pulsante di CopenHill brucia la bellezza di 440mila tonnellate di rifiuti all’anno (chissà, magari anche parte di quelli che piazziamo in giro per l’Europa trasportandoli con inquinantissimi Tir e pagando perché altri li trasformino in energia guadagnandoci due volte) senza far sentire il minimo odore agli sciatori lì sopra.
Copenhagen sa scegliere il meglio, anche se non viene da casa sua. Ed è qui la soddisfazione, che invece è un mezzo smacco, per il nostro paese. Per realizzare i campi da sci di CopenHill (collina di Copenhagen) i danesi si sono guardati intorno e sono arrivati qui da noi, alle porte di Bergamo. Quella pista in erba sintetica, scivolosa come la neve, molto simile all’erba vera e in grado di durare anni e anni, si deve a Neveplast, azienda di Albano Sant’Alessandro alle porte di Bergamo. È il meglio di cui potevano dotarsi. Loro sì. Noi in Italia un po’ meno. Cose di questo genere, in grado di mettere insieme ambiente e sport, ecologia e primati industriali, sono evidentemente destinate a solleticare più i pruriti che le sensibilità.
Il nostro campione di sci Christian Ghedina era lì all’inaugurazione, contento come un bambino. Ha sciato in un panorama curioso inconsueto. Per giunta sulla “monnezza”, come la chiamano a Roma, capitale planetaria dell’inettitudine nella gestione dei rifiuti. Volete vedere come? Guardare qui, e qui.