Erminio Angelo Quartiani fa parte di quella cupola del buon senso che nel nostro Parlamento è, hainoi, merce rara. Un buon esempio lo diede, qualche anno fa, nella commissione Attività produttive della Camera. Fu bravo ma anche fortunato. Si ritrovò, forse casualmente, in un provvidenziale (per noi cittadini) plotone trasversale di persone poco ideologiche, molto sensate. E per giunta preparate.
Ne usci una curiosa congrega trasversale, ben amalgamata da un uomo che ne era felice sintesi: Bruno Tabacci. Quartiani era, ed è, del Pd. Accanto a lui c’era, ad esempio, Stefano Saglia, allora An (oggi Pdl), che poi fu apprezzato persino dal Pd quando, sino a poco fa, si fece valere nel Governo Berlusconi. Fecero, coloro, indagini conoscitive che produssero documenti preziosi ancora oggi. Nell’energia, nelle tlc, nella politica industriale. Il tutto, naturalmente, inascoltato. Troppo trasversale, troppo pragmatico. Troppo avaro di elementi per sorreggere le randellate tra i partiti. Si narra che molti di quei parlamentari servitori della cosa pubblica furono ripetutamente rimproverati dai loro referenti politici: si deve combattere, non cercare buone soluzioni.
E’ a ben vedere un paradigma emblematico delle ragioni del nostro disastro. Ma cosa c’entra con la questione dello scorporo della proprietà di Snam, ovvero della grande rete di trasporto del gas, dall’Eni? C’entra. Perché nel dibattito di questi giorni, che fa perno sulle due soluzioni un po’ radicali, ovvero la creazione di una "ultrarete" dell’energia luce-gas incorporando Snam in Terna (ingordigia del’abile Flavio Cattaneo, il capo di Terna?) oppure un ingresso da leader in Snam della Cassa Depositi e Prestiti (anacronistica ri-pubblicizzazione?), il pragmatico Quartiani suggerisce qualcosa di sensato, che meriterebbe se non altro una pensatina.
Il 52% dell’Eni in Snam? Metà subito in Borsa e metà a Cdp, pro tempore, con il compito di promuovere alleanze all'estero per la costruzione di una rete europea e quindi ricollocare sul mercato la sua quota. Insomma: una strategia che affidi alla nostra Cdp il compito di fare da apripista per integrazione delle reti Ue, con l’obiettivo di creare una public company continentale.
C’è la buona Europa. C’è un progetto industriale coerente con l’evoluzione dei mercati del gas. C’è soprattutto qualcosa di organico, propedeutico, sinergico e facilitante, per il grande progetto che da anni suggeriscono uomini capaci e che ora sembra entrato persino nelle prospettive del Governo in carica: fare dell’Italia il punto nodale di un nuovo hub europeo del sempre più strategico gas metano.
Una buona idea? Non lo dite troppo forte.
Articolo interessante. É giusto pensare alla separazione di Snam da Eni, anche per il bene di Eni (che si libererebbe di un bel po’ di debiti). Altrettanto giusto è pensare alla fusione fra Snam e Terna, sotto il controllo della Cdp, per dare dimensione europea all’azienda. Uno dei più grandi vizi italiani è quello di non affrontare i problemi per anni, per poi decidere di superare le arretratezze esagerando i rimedi. Questo vale per gli spezzatini delle poche grandi imprese che abbiamo, ma vale pure per alcune liberalizzazioni proposte, per le ultime misure sulla lotta all’evasione, e altro. Vivo all’estero da tanto tempo e sono testimone di come in altri paesi hanno formato con l’aiuto dello stato aziende in settori strategici con una massa critica in grado di competere con colossi Indiani, Cinesi, Brasiliani, Russi, USA etc. L’Italia non ha materie prime o rare. Le aziende italiane – buone protagoniste di nicchie di mercato in vari settori, hanno davanti a se, secondo me, solo la fusione o l’incorporazione tra loro, ovvero, aumento delle dimensioni, delle masse, taglio dei costi, conseguente aumento della produttività per dipendente. Snam-Terna potrebbero acquistare Fluxys; quest’ultima è in gara per aggiudicarsi la rete del gas di E.on! L’unione europea delle reti è un utopia e noi rischiamo di fare gli stessi errori come nel mercato dell’eletricità, ove, si è fatta dimagrire ENEL e si sono fatti entrare colossi a capitale pubblico come EDF!
Ho letto con grande interesse il suo articolo che parla di una soluzione proposta dall’on. Quartiani, diversa dalle due che sino ad ora si sarebbero “fronteggiate”. Sarebbe però interessante sapere cosa ne pensa veramente Quartiani (e la sua area di riferimento, ovvero il Pd, tranne Enrico Letta) di far comprare una quota Snam, che già indirettamente possiede, a Cassa Depositi e Prestiti, che è dello Stato, con un esborso tra i 3,5 i 4 miliardi di euro, quando tali denari potrebbero essere investiti diversamente. Ad esempio, utilizzandoli a sostegno dell’economia reale o per abbattere la montagna del debito pubblico. Inoltre, fare di Snam una public company continentale non vorrebbe dire per lo Stato abdicare al controllo di un’infrastruttura che da tutti – e giustamente – è ritenuta strategica e di interesse nazionale? Col rischio magari di stuzzicare l’ingordigia di altri paesi (non faccio nomi: la Russia di Putin) e ritrovarci, alla fine della fiera, con un operatore che farebbe il bello e il cattivo tempo a casa nostra con buona pace delle “magnifiche sorti e progressive” della liberalizzazione, della concorrenza e del mercato? Insomma, anche cornuti e mazziati mi parrebbe troppo, non trova?
Obiezioni più che lecite. Che testimoniano la complessità dell’operazione. Ma un controllo strategico pubblico della rete, o meglio della parte nazionale della rete metanifera e delle sue interconnessioni con l’estero, potrebbe essere esercitato proprio con una partecipazione permanente di Cdp, anche se in forma ridotta rispetto alla partecipazione più massiccia che in una prima fase (proposta Quartiani) faciliterebbe lo scorporo dall’Eni. Quanto all’impiego delle risorse della Cassa “a sostegno dell’economia reale o per abbattere la montagna del debito pubblico” trovo questa ipotesi in netto contrasto con al missione istituzionale e le prerogative di Cdp. Che semmai potrebbe, e forse dovrebbe, applicarsi in altre missioni infrastrutturali di importanza strategica o addirittura esistenziale per il futuro del nostro tessuto economico e industriale. Mi riferisco innanzitutto alla questione della rete di tlc a larga banda di cui il paese ha assoluto (e, ripeto, esistenziale) bisogno. Gli operatori non riescono a trovare né un accordo né evidentemente i denari per finanziarla. Un ruolo forte della Cdp non mi scandalizzerebbe. Anzi, lo considererei provvidenziale nonché doveroso.
Federico Rendina
L’esperienza in UK con Nat.Grid è stata un successo; la tidubanza di certi ambienti per una fusione tra Terna-Snam non mi convince. Terna potrebbe acqusitare il 29% di Snam da ENI e la CDP già dispone del 5% di Snam. Terna non avrebbe bisogno di aumento di capitale; la CDP non spenderebbe una LIRA e le sinergie ammonterebbero a 100mio.€ p.a.! Lo stato blinda le 2 società senza spese, anzi…