A due anni dall’ultimo disastro, quello di Fukushima, l’energia nucleare conferma la sua ormai consolidata sindrome dell’Araba Fenice. Era data per spacciata. Invece risorge, si consolida ancora, apre nuovi orizzonti. Con un po’ di imbarazzata consapevolezza. Le fonti fossili (petrolio e gas) hanno un futuro sempre più problematico. Le energie verdi sono forse il vero orizzonte, ma la conquista di un vero ruolo egemone è ancora lontana.
Vero è che le centrali nucleari collezionano incidenti. Vero è che il loro sviluppo tecnologico mentre promette meraviglie deve incamerare clamorosi fischi, come accade per la tanto decantata tecnologia francese “di terza generazione e mezzo” Epr che vedeva anche la partecipazione della nostra Enel, ora precipitosamente in fuga dal patto industriale e commerciale con il gigante francese. Ma che il mondo non possa fare a meno di mettere al sicuro le sue necessità energetiche anche con l’atomo lo dimostra proprio ciò che sta accadendo. Si leggerà nei prossimi giorni in un rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) – anticipa magari un po’ interessata l’agenzia France Presse a nome dell’impegno da record mondiale del paese d’oltralpe per questa soluzione – che il disastro nucleare di Fukushima, di cui ricorre in questi giorni il secondo anniversario, non ha arrestato la corsa. L'ha solo un po’ rallentata. Tant’è che alla fine del 2012 nel mondo si contavano 437 reattori nucleari attivi, due in più nei confronti dell'anno precedente. Con una generazione elettrica che ha raggiunto quota 372,5 GW, 3,7 GW in più sul 2011, quando la produzione è scesa di 7 GW e 13 reattori (comunque vecchi, comunque da dismettere) hanno chiuso definitivamente i battenti, seguiti nel 2012 da altri tre impianti ultraquarantenni, uno in Canada e due in Inghilterra. I reattori attualmente in cantiere nel mondo – fa del resto sapere l’Aiea -sono ben 66, dei quali 47 in Asia. Solo lo scorso anno è stata annunciata la nascita di sette nuovi reattori: quattro in Cina, gli altri negli Stati Uniti, in Russia e in Corea del Sud. E da qui al 2030 l'Agenzia ipotizza una crescita della capacità nucleare mondiale tra il 23e il 100%.